Appizzare (e appizzamento)

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Appizzare (e appizzamento)  

Il verbo appizzare mostra una costante presenza, a partire da Il corso delle cose (“teneva gli occhi fissi sul ritratto di Saragat appizzato al muro” CC, 19), fino all’ultimo romanzo pubblicato da Camilleri (“Catarè, ce l’hai scrivuto supra a un foglio appizzato allato al tilefono!” CAL, 63) e a quello uscito postumo (“Montalbano si susì e annò a taliare le fotografie ’ncorniciate appizzate alle pareti” RIC, 126), con un elevato indice di frequenza che vedremo attestato dalle relative citazioni.

In tutti e tre i casi ricordati, il verbo ha il significato di ‘appendere, attaccare, piantare’: ma, come vedremo, non è l’unica accezione, e anzi è interessante ragionare proprio sulla diversificazione semantica che lo scrittore conferisce al verbo.

Seguendo l’ordine di comparsa nei testi, la seconda entrata nel nostro indice va attribuita al significato che ricorre più di frequente e che possiamo spiegare con ‘tendere, drizzare (le orecchie); volgere (gli occhi) verso qualcosa; esprimere una forte attenzione’ (“Il botto della rivoluzione del ’48 arrivò così soffocato a Pantelleria che quasi quasi manco si sarebbe sentito (del resto l’isola è più vicina alla Tunisia che alla Sicilia) se non fosse stato per certe persone che stavano con l’orecchio appizzato” SD, 63); non senza aver ricordato che in Il birraio di Preston troviamo una formulazione in cui sono contenuti tanto il valore fisico, quanto quello metaforico, riuniti nell’immagine del cane (in seguito troveremo un cavallo e, in una similitudine, i gatti, colti nel medesimo gesto) che drizza le orecchie perché qualcosa ne ha richiamato l’attenzione: allo stesso modo l’investigatore con la tensione del corpo sembra rappresentare il suo essere attento: “Il cane cirneco che era Puglisi si arrisbigliò, appizzò le orecchie” BP 92.

Il terzo significato compare dopo una decina di occorrenze dei primi due e Camilleri, ad evitare fraintendimenti, lo glossa: “Sosteneva che lei non poteva appizzare, perdere, due biglietti per uno sbaglio” LM, 158.

Va aggiunto che lo scrittore impiega anche il deverbale appizzamento (“Poche righe, che bastarono però a far passare il commissario dalla blanda curiosità all’appizzamento di orecchie” MM, 98), a indicare l’atto del drizzare, di sollevare e orientare le orecchie come fanno gli animali che abbiano percepito un rumore o come fa, metaforicamente, un uomo che focalizza la sua attenzione visiva e uditiva su un oggetto interessante.

Mentre appizzamento non compare né nel dizionario del Mortillaro, né in quello del Piccitto, il verbo appizzari è presente in entrambi e così viene spiegato: “Appizzàri, v. att. attaccare, unire, congiungere l’una con l’altra, Appiccare. 2. Per Appendere. 3. Per Conficcare […] 7. Per restar privo di una cosa già posseduta o sperata, o impiegata, Perdere, p. e.: Appizzari lu sceccu e li carrubbi, Perdere il ranno e il sapone” (Mortillaro, s.v.). Il Piccitto lemmatizza appizzari1 “tr. piantare, infiggere, conficcare. 2. appendere, ad es. un quadro; impiccare […] affiggere, pubblicare […] appiccare, attaccare, ad es. un bottone […] appuntare, puntare con forza, ad es. il remo sul fondale. 7. appioppare, assestare, sferrare, ad es. un pugno; ass. dare un morso […] a. l’occhi ncoḍḍu a unu fissare qualcuno con insistenza, appuntargli gli occhi addosso”; appizzari2 “tr. rovinare, sciupare. 2. sprecare; perdere”; appizzari3 “intr. stare a pennello, di indumento che torni bene addosso” (Piccitto s.v.) In quest’ultimo significato, come ricorda Roberto Sottile, il verbo è usato da Leonardo Sciascia. “«La roba che mia zia mandava per me o mi appizzava a stento che parevo un Cristo o dentro ci nuotavo» (Gli zii di Sicilia 1958/1964: 41)” (R. Sottile, Sciasciario dialettale. 67 parole dalle Parrocchie, Firenze, Franco Cesati Editore, 2021, p. 51.

Può essere utile, infine, ricordare che il Dizionario Etimologico Italiano, s.v. appizzafèrro1 spiega: “da appizzare ‘appicciare’, conficcare, e ‘ferro’” (C. Battisti, G. Alessio, Dizionario etimologico italiano, Firenze, Barbera, 1950, vol. I, s.v.): aprendo così vastissimi scenari evocati dal verbo ‘appicciare’ che, tuttavia, non riguardano gli usi camilleriani, qui di seguito elencati:

Appizzare1 [appendere, attaccare, piantare]:

“teneva gli occhi fissi sul ritratto di Saragat appizzato al muro” CC, 19; “Fillicò l’ha fatta a regola d’arte e l’ha appizzata sopra la porta ora ora” SC, 23; “quest’impressione la davano per esempio i disegni appizzati ai muri” SC, 60; “L’avete vista la carta di morte del’avvocato Sciaìno che è appizzata al muro?” BC, 86; “come diceva la carta appizzata” BC, 87; “Tirato fuori il foglietto che aveva scritto dopo aver parlato col medico legale, l’aveva appizzato a un chiodo” BP, 38; “le chiavi stanno appizzate al loro posto” CT, 37; “Il primario consultò la cartella ch’era appizzata ai pedi del letto” CT, 177; “Sulla porta c’era appizzato un foglio di carta” AM, 12; “La porta dello studio era inserrata, fora c’era appizzato un cartellino con l’orario d’ufficio” ON, 45; “Un cartello scritto a mano e appizzato a un palo della luce” ON, 112; “Chiudiva con le chiavi e appizzava le chiavi a un chiovo allato alla porta” PM, 33; “La picciotta si susì, pigliò una vestaglietta appizzata a un chiovo, raprì la porta” PM, 67; “fu lì che incontrai un tedesco in divisa, con tanto di stivaloni neri, che si stava facendo la barba con uno specchietto appizzato a un albero” LP, 132; “sutta ci stavano appizzati con le puntine da disigno dù fogli di carta stampati” PRM, 53; “Alle pareti c’erano appizzati fucili, moschetti e carabine d’ogni modo, manera ed ebica” PRM, 56; “’u papà portò una carta geografica dell’Abissinia e l’appizzò con le puntine da disegno supra la porta della càmmara di mangiari […] ’U papà satò dalla seggia e andò ad appizzare la bandierina supra la carta geografica” PRM, 68; “sulla carta geografica dell’Etiopia era da tempo che non vinivano appizzate spilliceddre con la bannera taliana” PRM, 110; “Michilino ci appizzò i denti come un affamato” PRM, 229; “Arricordati che dobbiamo nesciri e andare ad appizzare le quasette a la mè casa e in quella di tò nonno Filippo” PRM, 231; “Raprì la porta di casa, ci appizzò il biglietto con una puntina da disegno” GB, 245; “La porta della càmmara non era stata rimessa nei cardini, stava solo appuiata al posto sò con sopra appizzata una carta che diciva che era proibito l’ingresso” LC, 69; “Il commissario notò in un angolo della sagristia un paro di guantoni appizzati al muro” AS, 183; “Dintra c’erano un pagliuni pulito, un tavolino con supra il solito lumi a pitroglio da carritteri, dù seggie, un fornello in muratura con la ligna già pronta ammassata ’n terra e tutto quello che abbisognava per cociri e mangiari appizzato al muro” SON, 123; “Tutta la càmmara era china di quatri appizzati ai muri” SON, 132; “attrovò appizzato con una spingula supra alla porta della sò casa lo stisso foglio” SON, 144; “C’era un quatro appizzato alla parete, ma non arriniscì a distinguere quello che rapprisintava, era troppo distanti” DG, 232; “il ritratto di Mussolini e un crocifisso appizzati a ’na pareti” GCT, 41; “Scrivi un biglietto e l’appizzi al lato al portoni d’ogni scola di Palermo” GCT, 232; “la maga aviva fatto appizzare un cartello” GCT, 264; “un cammareri che supra al risvolto della giacchetta aviva appizzata ’na targhetta virdi col nomi scrivuto in nìvuro” SA, 44; “Appizzata a un chiovo nello stipiti della porta ci stava ’n’autra chiavi” “MicroMega” 3/2011 (Poi MMA, 231 e “MicroMega”, Tutto Camilleri, 2019, p. 242); “Si mai lo farò appizzatimi ’nda n’arvulu comu merca ppi lu tiru a segnu” TTPN, 23; “Senza lu matrimoniu l’amuri sta appizzatu a lu zancuni” TTPN, 43; “l’appizzò a un chiovo supra alla facciata del Municipio” TAR, 47; “La matina del trintuno spuntò appizzata mura mura un’ordinanza del sinnaco” RPO, 18; “E fici ’mmidiatamenti stampari e appizzari un manifesto” RPO, 74; “La prima cosa che vitti trasenno fu che alle pareti non c’era cchiù appizzato un quatro” LL, 42; “’na longa fila di fotografie appizzate al muro” CSP, 19; “la quistura ha mannato le rispettevoli fotorafie da appizzare” CSP, 20; “Nella pareti darrè al trono del Re c’era appizzato un enormi ritratto di Sò Maistà Carlo” RIL, 12; “era stato appizzato un cartiglio con questa scritta” RIL, 49; “Ma supra alla facciata dell’autro cinni stava appizzato un secunno” RIL, 50; “nell’appennipanni non ci stava appizzato manco un panno” RIL, 131; “’Ndicò una delle fotografie appizzate” COV, 211; “Era appizzata ’n corridoio con quelle dell’autri ricercati” PF, 108; “Sò matre appizzò le chiavi a un chiovo vicino alla porta di trasuta” VVOL, 34; “Pigliò il navigatori e l’appizzò supra al cruscotto” ACF, 285; “li appizzò a un chiovo libbiro vicino alla porta” RP, 27; “Catarella spirì doppo aviri riappizzata la foto al chiovo” RP, 30; “c’era appizzata ’na grannissima fotografia di Maria in un bellissimo costumi di scena sitticintisco” MCAT, 281; “urtò contro lo scafandro e lo fici cadiri dal chiovo su cui stava appizzato” VOR, 30; “Catarè, ce l’hai scrivuto supra a un foglio appizzato allato al tilefono!” CAL, 63; “Montalbano si susì e annò a taliare le fotografie ’ncorniciate appizzate alle pareti” RIC, 126

Appizzare2 [tendere, drizzare (le orecchie); volgere (gli occhi) verso qualcosa; esprimere una forte attenzione]:

“Il botto della rivoluzione del ’48 arrivò così soffocato a Pantelleria che quasi quasi manco si sarebbe sentito (del resto l’isola è più vicina alla Tunisia che alla Sicilia) se non fosse stato per certe persone che stavano con l’orecchio appizzato” SD, 63; “Il cane cirneco che era Puglisi si arrisbigliò, appizzò le orecchie” BP, 92; “Proprio mentre stava per trasìri si fermò, appizzò l’orecchio” CT, 103; “Montalbano appizzò le orecchie” LM, 149; “Montalbano appizzò le orecchie” VV, 10; “Montalbano si raddrizzò sulla seggia, appizzò le orecchie” VV, 70; “un orecchio appizzato al centralino” VV, 124; “Titillo Bonpensiero comincia a nasare qualcosa, ad appizzare occhi e orecchie” MM, 57; “Montalbano appizzò le orecchie” MM, 82; “Montalbano appizzò le orecchie, forse aveva visto giusto” MM, 273; “Montalbano non s’aspettava quest’ammissione, appizzò le orecchie” MM, 318; “Montalbano appizzò gli occhi su una delle cento fotografie che coprivano le pareti” AM, 18; “Montalbano, che fino a quel momento stava a babbiare, appizzò di colpo le orecchie” AM, 151; “Il commissario appizzò le orecchie” AM, 263; “Patre Carnazza tenne le orecchie appizzate fino a quando non sentì più i passi del cavaleri risonare dintra la chiesa” MC, 66; “Stiddruzzu s’impennò, fece due balzi in avanti, scartò sulla mancina e si fermò, teso, le orecchie appizzate” MC, 154; “Appizzò però di più le orecchie” GT, 72; “Appizza le orecchie per sentire la minima rumorata dal balcone sovrastante” BFC, 77; “Luigi appizza le orecchie” BFC, 90; “appizza le orecchie, infastidito” BFC, 146; “Guardi, dottore, che lo zio sta appizzando le orecchie, mi ha spiato perché ci stiamo interessando tanto a suo nipote” ON, 134; “appizzò le orecchie, sapeva bene che mezza parola di Montalbano valeva più di un discorso di tre ore” ON, 154; “Montalbano appizzò le orecchie” ON, 159; “Io ti volevo dire semplicemente di tenere le orecchie appizzate” ON, 165; “appizzò l’orecchio” RG, 109; “patre Uhù Ferlito appizzò le orecchie” RG, 140; “Appizzò meglio le grecchie” RG, 158; “I gnuri e i servi appizzarono le orecchie” RG, 337; “per quanto avissiro appizzato le grecchie, la petra sprufunnò senza rumorata d’arrivo” RG, 363; “L’istisso botto però fici appizzare le grecchie al Capitano di giustizia Montaperto” RG, 382; “Appizzò le orecchie” PM, 34; “Montalbano appizzò le orecchie” PM, 187; “Appizzò le orecchie, teso” PM, 245; “Montalbano appizzò le orecchie, quello era un punto delicato” PM, 300; “Chiddu c’avia l’accipe chi stava cu l’oricchia appizzate, diceva: «Accipe»” LP, 73; “Cecè Collura appizzò le orecchie” ICC, 54; “infatti, appizzate le grecchie, sentì distintamente che a fare vociate che non si capivano e a chiangiri era ’a mamà” PRM, 9; “Tutto ’nzemmula appizzò le grecchie, gli era parso d’aviri sintuto un lamintio viniri dalla cammareddra” PRM, 203; “Il commissario aviva appizzato le grecchie” PR, 56; “Appizzò le orecchie, ancora una volta nenti, né una voce né una rumorata” GB, 261; “Alle parole «un colpo in testa», Fazio s’apparalizzò, appizzando le orecchie” PIM, 39; “ho pensato che se io domandavo in prestito a mio compare il bossolo e il pizzino, quello appizzava le orecchie” PIM, 53; “Per quanto appizzasse le orecchie, non sintiva nessuna rumorata viniri dal piano superiore” PIM, 66; “Montalbano aspittò tanticchia e doppo, appizzando le orecchie, sintì un leggerissimo runfuliare” PIM, 69; “«E nell’ultimo mese, invece?» spiò il commissario appizzando le grecchie e assittandosi nuovamente” PIM, 188; “Fazio, da sbirro nasciuto e pasciuto, appizzò le grecchie” PIM, 215; “Le sò grecchie addivintarono appizzate come quelle dei gatti quanno sentono una liggera rumorata” PIM, 229; “Montalbano appizzò di subito le grecchie” PIM, 312; “Appizzò le grecchie” PT, 44; “Montalbano appizzò le grecchie” LC, 61; “Appizzò le grecchie” LC, 190; “Arriniscì a calmarsi quel tanto che bastava per appizzare le orecchie”  MED, 29; “Montalbano appizzò subito le grecchie” AS, 139; “Appizza le grecchie e si fa pirsuaso che sicuramenti c’è un latro in casa” AS, 212; “con l’orecchi appizzate, arriniscì a sentire lo scruscio che faceva l’acqua smossa dai movimenti della signora Bianca” PE, 48; “Montalbano appizzò l’oricchi” ED, 47; “Sintii che parlavano di Zizì e appizzai l’orecchi” ED, 84; “Le paroli di Montalbano ebbiro un doppio effetto. Su Fazio che immediato appizzò l’oricchi capenno che il commissario non stava parlanno ammuzzu ma mirava a uno scopo” ED, 143; “ad appizzare bene le orecchie si distingueva macari qualche parola” TGR, 122; “Giurlà appizzò l’oricchi. Vero era. C’era ’na crapa che si lamintiava alla dispirata” SON, 65; “Di subito, Damianu appizzò l’oricchi” SON, 75; “Si misi in un angolo del longo tavolino a leggiri i giornali. Ma tiniva le oricchi appizzate” RIZ, 33; “E qui Montalbano appizzerebbe le orecchie” IIT, 318; “Montalbano appizzò le oricchi” CTE, 189; “Tanina, che s’era persa tutta la nuttata a ghittarigli gastime di morti violenta e dulurusa, appizzò l’oricchi” GCT, 26; “Il marisciallo appizzò l’oricchi” GCT, 84; “A sintiri le paroli affari e guadagnari, la picciotta appizzò l’oricchi” GCT, 143; “I dù fascisti in divisa che stavano di guardia, appizzaro l’oricchi” GCT, 175; “Mariannina appizzò l’oricchi” GCT, 191; “Con le oricchie appizzate sutta al linzòlo” GCT, 205; “Fazio appizzò l’oricchi” SA, 176; “Fazio appizzò l’oricchi” GSP, 64; “Montalbano appizzò l’oricchi” GSP, 93; “Comunqui, appizzò l’oricchi. Nisciun rumori. Nel gran silenzio che c’era, si sarebbi dovuto sintiri macari il respiro di ’na pirsona” GSP, 160; “ristò con l’occhi fissi e l’oricchi appizzati in direzioni della porta che non si distinguiva” GSP, 248; “Tutti appizzaro l’oricchi” TAR, 17; “Il vicisinnaco Germanà, che aviva prontamenti appizzato l’oricchi, gli fìci allura ’na dimanna pricisa” RPO, 163; “Don Agatino appizzò l’oricchi” RPO, 203; “Montalbano appizzò l’oricchi” LL, 91; “Montalbano e Augello appizzaro l’oricchi” VN, 235; “Appizzò l’oricchi e doppo tanticchia si fici pirsuaso che era ’na voci d’omo che si lamintiava” RIL, 159; “Tutti appizzaro l’oricchi ma non sintero cchiù nenti” RIL, 161; “Don Filippo appizzò l’oricchi” RIL, 241; “Fazio e Augello, che non sapivano nenti della facenna, appizzaro l’oricchi sbalorduti” COV, 217; “Gli era parso d’aviri sintuto sonari il tilefono. Appizzò l’oricchi” PF, 84; “Montalbano appizzò l’oricchi” PF, 167; “Montalbano appizzò l’oricchi” MMA, 187; “Montalbano e Fazio appizzaro l’oricchi” GSC, 126; “Tutti e tri l’amici appizzaro l’oricchi” VVOL, 143; “«Quanto?» spiò subito l’autra appizzanno l’oricchi” VVOL, 288; “Appizzò l’oricchi” ACF, 62; “Per quanto appizzassi le recchie, Montalbano non arrinisciva a percepirne il respiro” ACF, 280; “E ogni vota che le dù cammarere trasivano nella càmmara di mangiare, la baronissa s’appizzava a taliare a sò figlio per vidiri come si comportava, che effetto gli faciva la prisenza di quella beddra picciotta” CF, 100; “Giacomino appizzò l’oricchi” CF, 118; “Il patre, che fino a quel momento non aviva ditto nenti, appizzò l’oricchi” CF, 139; “Ma, appizzate l’oricchi pirchì vi lo dico ora e appresso non vi lo dirò mai cchiù” CF, 183; “per quanto appizzasse le recchie, trattinenno il respiro, sintì sulo un silenzio assoluto” MCAT, 15; “Appizzò chiossà l’occhi: era ’na forma umana!” MCAT, 16; “Il commissario appizzò l’oricchi” CAL, 108; “Fu quanno che ricomparse Ragonese che tornò ad appizzare l’oricchi” CAL, 161

Appizzare3 [perdere]:

“Sosteneva che lei non poteva appizzare, perdere, due biglietti per uno sbaglio” LM, 158; “Gli occhi ci sto appizzando sulle carte di Nenè Sanfilippo!” GT, 66; “Poi mia mogliere m’arricordò che tanto era tutto già pagato. Ci potevamo appizzare i soldi?” GT, 81; “Era cchiù che sicuro d’aviricci appizzati le tri liri che si era jocate, la fortuna non volava dalle sò parti” CS, 49; “Non funziona il congelamento. Lei non sapi quanti soldi ci appizzai. Ho dovuto ghittari a mari tutto il pisci” DG, 56; “Saccio sulo ’na cosa, che se la signurina non torna io ci appizzo la misata” MMA, 138; “Un c’è raggiuni pirciò di chiangiri. Un ci appizzati nenti” QM, 96 (g.m. gennaio 2022).