musione

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musione (Fece una m. leggera; Non facciamo m.!; “nemmanco il vento ci fa musione…”) [È la prima occorrenza di un termine che, trascorso un lungo arco di tempo tornerà, con lieve variante ortografica, ma sempre appartenente alla lingua dei siciliani emigrati negli Stati Uniti, ne Il cuoco dell’Alcyon. Lo pronuncia “Pennisi Jachino opuro Jack che è meglio” che, stando nella verandina della casa di Montalbano, esclama: “Lo sai che ’sto posto è vero bello? Non c’è mosione, nenti traficu, c’è aria bona, la pilaja è granni…” CAL 167; “Musiòni, s. f. il fendersi, lo screpolare, parlando di fabbriche, di recipienti, od altro. 2. Parlando di persone, vale qualunque movimento, gesto, o cenno di voler fare, o non fare, ec.” (Mortillaro). “A la terza vota, ’Ntonia s’adduna di tutti li musioni di lu Scavu. […] Musioni, mosse anche piccolissime” G. Pitrè, Lu Scavu, in Fiabe, novelle e racconti popolari siciliani, Palermo 1870-1913, poi Palermo, Il Vespro, 1978, vol. I, p. 180 e n. 2; “la varca si musiau […] La barca fece qualche movimento” ivi, vol. IV, p. 3 e n. 4; “musiari (Trapani), fari musioni, cioè far movimento leggiero. musioni, i, s., mozione, mossa, movimento” (ivi, p. 335). Il sostantivo è presente anche in D’Arrigo: “Parlava con quella, e intanto considerava e vedeva le altre che, se stava a lui dirlo, le avrebbe dette tutte morte: seguitavano a non dare musione alcuna da sotto le schiene” S. D’Arrigo, Horcynus Orca, Milano, Mondadori, 1975, p. 17; “Però Nasodicane non faceva musione di sorta, suo padre parlava e non gli succedeva niente” ivi, p. 423] GM 73, 74; CAL 167.

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