stimpagnare
stimpagnare (stimpagnò, stimpagna) [fuoruscire, sgorgare; eiaculare. “stimpagnari tr. […] sturare, ad es. una botte o […] una bottiglia […] intr. scoppiare, ad es. del tappo di un recipiente che impedisce al liquido contenuto di uscire fuori” (Piccitto). “Fu allora che il farmacista stimpagnò”. “Non ho capito l’ultima parola” fece il tenente Baldovino. “Stimpagnò, carissimo” spiegò il marchese. “Fece come quando salta il tappo a una botte troppo piena” SC 81; “la signora gli aprì pantaloni e brache e mise l’oggetto allo scoperto. Fu allora che il farmacista stimpagnò” SC 81; “L’hai fatto stimpagnare magari tu?” SC 81; “doppo era la grotticella istessa ad afferrarti stretto, a inserrarti le sue pareti intorno, a portarti fino al fondo più fondo in dove che stimpagna l’acqua di vita” MC 15; “Tutta la linfa stimpagnò violenta, assammarandole la faccia, i capilli, le minne” RG 286; “L’avvocato, certamente per evitare di stimpagnare prima del tempo, prima ancora d’accomenzare, teneva l’occhi inserrati” PE 103; “Fu come quanno ’na vutti stimpagna e il vino nesci fora con tanta forza che non si sapi come pararlo. Luigino accomenzò a parlari e non si firmò cchiù, tanta era la grannissima gana che aviva di libbirarisi del piso che si portava da sulo da jorni e jorni, che le parole gli si ’ncastravano l’una dintra all’autra” RP 267. Il nome dell’oggetto che salta per la pressione del vino – e genera la metafora camilleriana –, il timpagno (“timpagnu m. […] grosso tappo di legno che tura il cocchiume delle botti”, secondo la definizione del Piccitto), compare nel Cane di terracotta: “dava un colpo alla botte e uno al timpagno” CT 131] SC 81, 84.